Lente di ingrandimento che inquadra un foglio in cui vi sono i dettagli delle novità sull'addizionale Irpef del 10%
 |  |  |  | 

Art. 33 D.L. n. 78/2010: addizionale Irpef su remunerazioni operate sotto forma di bonus e stock options applicabile anche a Dirigenti e collaboratori di holding industriali

La sentenza della Corte di Cassazione 16875

Riteniamo opportuno procedere alla segnalazione della pronuncia in oggetto, con cui la Cassazione ha potenzialmente ampliato a Dirigenti e Collaboratori di holding industriali l’applicazione dell’addizionale Irpef del 10% su remunerazioni erogate sotto forma di bonus e stock options prevista dall’art. 33, comma 1, DL 78/2010.

Ricordiamo che il comma 1 del suddetto articolo dispone che:

in dipendenza delle decisioni assunte in sede di G20 e in considerazione degli effetti economici potenzialmente distorsivi propri delle forme di remunerazione operate sottoforma di bonus e stock options, sui compensi a questo titolo, che eccedono il triplo della parte fissa della retribuzione, attribuiti ai dipendenti che rivestono la qualifica di dirigenti nel settore finanziario nonché ai titolari di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa nello stesso settore è applicata una aliquota addizionale del 10 per cento.

Art. 33, comma 1, DL 78/2010

Con decorrenza dai compensi corrisposti dal 17 luglio 2011, a seguito di una modifica normativa al citato art. 33, detta addizionale si applica «sull’ammontare che eccede l’importo corrispondente alla parte fissa della retribuzione».

Chiarimenti dell’Agenzia delle Entrate sull’applicazione dell’addizionale

L’Agenzia delle Entrate ha fornito chiarimenti in ordine alle modalità applicative dell’addizionale con le circolari n. 4/E del 15 febbraio 2011, n. 20/E del 13 maggio 2011, e n. 41/E del 5 agosto 2011.

In particolare, per quanto qui di interesse, con la circolare n. 4/E del 2011 l’Agenzia delle Entrate individuava l’ambito di applicazione dell’aliquota addizionale nel settore finanziario, come di seguito specificato:

In mancanza di una espressa definizione di “settore finanziario” da parte della norma in esame, si ritiene che questo vada individuato nelle banche e negli altri enti finanziari, nonché negli enti e nelle altre società la cui attività consista in via esclusiva o prevalente nell’assunzione di partecipazioni. Sono quindi comprese nell’ambito applicativo della norma le banche nonché, ad esempio, le società di gestione (Sgr), le società di intermediazione mobiliare (Sim), gli intermediari finanziari, gli istituti che svolgono attività di emissione di moneta elettronica, le società esercenti le attività finanziarie indicate nell’art. 59, comma 1, lettera b), del Testo Unico Bancario, le holding che assumono e/o gestiscono partecipazioni in società finanziarie, creditizie o industriali.

Agenzia delle Entrate, circolare n.4/E 2011,

Conferma della legittimità da parte della Corte Costituzionale

Nel 2014 la Corte Costituzionale, investita della questione relativa alla norma in commento, ne ha confermato la legittimità, essendo circoscritta la categoria dei soggetti passivi incisi dal prelievo addizionale a coloro che

in ragione del tasso di professionalità, della autonomia operativa, del potere decisionale di cui godono e dell’aspirazione a maggiori guadagni personali (per il legame tra l’andamento del titolo da un lato e il riconoscimento e l’ammontare del beneficio correlato a dette forme di compenso dall’altro), sono in grado di porre in essere attività speculative suscettibili di pregiudicare la stabilità finanziaria.

Corte Cost. 201 del 17 luglio 2014

Questione controversa sull’addizionale e orientamenti della giurisprudenza

La questione controversa della norma in commento consiste nell’individuazione del perimetro delle attività da ritenere incluse nella definizione di “settore finanziario”, con cui l’art. 33 individua i soggetti destinatari del prelievo fiscale.

Infatti, nonostante le riportate indicazioni dell’Agenzia delle Entrate, sulla vicenda si era prodotto un certo contezioso, risoltosi da parte della giurisprudenza di merito e di legittimità con l’orientamento di escludere dall’ambito di applicazione della norma le holding industriali, per le seguenti motivazioni:

ritenendo di individuare il settore finanziario, al quale la norma è testualmente riferita, in quello nel quale l’attività è “rivolta al pubblico” – così come testualmente previsto dall’art. 106 e dalla rubrica dell’art. 155 del d.lgs. 385/1993 (Testo Unico Bancario) – e perciò soggetta ad autorizzazione e controllo del Ministro del Tesoro, della Banca d’Italia e della CONSOB”. “(…) A questo argomento (…) il problema non è tanto stabilire se e in che misura la società controllante possa incidere sul mercato dove sono collocate le azioni della controllata – cosa peraltro scontata – quanto stabilire se e quando un’attività finanziaria svolta all’interno di un gruppo valga da sé sola a collocare la relativa holding (e i suoi dirigenti) nel “settore finanziario.

Cassazione 19/10/2020 n. 22692

l’art. 33 “si applica nei confronti dei dirigenti delle imprese operanti nel settore finanziario che svolgono attività “rivolta al pubblico”, mentre non sono assoggettati al prelievo i dirigenti di holding industriale che pur possegga partecipazioni in società del gruppo operanti nel settore finanziario, dovendo peraltro escludersi che il citato art. 33 abbia disposto un rinvio recettizio alla nozione di “settore finanziario” contenuta nel testo originario dell’art. 106 T.U.B. (contenente il riferimento all’attività di assunzione di partecipazione, poi eliminato dal D.Lgs. n. 141 del 2010, art. 10). Nella specie, la CTR ha ritenuto che nella definizione di “settore finanziario” contenuta nel testo originario dell’art. 106 T.U.B., non potrebbero ricondursi le holding industriali e le società che concedono finanziamenti esclusivamente nell’ambito del gruppo di appartenenza (…).

Cassazione VI/V 8/02/2022 n. 3913

La sentenza della Cassazione del 13 Giugno 2023

In tale contesto, nel caso preso in esame dalla Corte di Cassazione conclusosi con la sentenza n. 16875 del 13 giugno 2023, il suddetto orientamento è stato ribaltato. La Corte ha infatti accolto il ricorso dell’Agenzia delle Entrate nell’ambito di un giudizio avente ad oggetto l’istanza di rimborso presentata congiuntamente da una primaria multinazionale del settore automotive e dal suo noto Dirigente/Amministratore Delegato, nella loro qualità, rispettivamente, di sostituto e sostituito d’imposta, per la restituzione dell’aliquota addizionale del 10 % sui bonus eccedenti la parte fissa della retribuzione pagata al dirigente, quale amministratore.

Più precisamente, la Casa automobilistica aveva presentato un’istanza di rimborso delle ritenute effettuate e versate quale sostituto d’imposta ai sensi dell’art. 33 DL 78/2010, ritenendo non dovuta nel caso di specie l’aliquota addizionale, in quanto, essendo la società una holding industriale, il relativo Amministratore/sostituito d’imposta non rivestiva la qualifica di dirigente nel settore finanziario, al quale solo la norma in esame doveva intendersi riferita.

La sentenza in esame – dopo aver ripercorso il contesto storico antecedente l’approvazione della disposizione in esame, rappresentato dalla crisi finanziaria del 2006/2009, che aveva indotto ad introdurre la norma in questione, al fine di contenere gli effetti economici potenzialmente distorsivi delle forme di remunerazione operate sotto forma di bonus e stock options, soprattutto nel settore finanziario – afferma che anche gli amministratori di holding industriali o multinazionali possono avere un peso rilevante nel contesto economico-finanziario.

Rilevanza degli Amministratori di holding industriali

Per la Suprema Corte infatti

la potenziale attitudine a produrre, se stimolati dalla conseguente maggior retribuzione variabile, effetti economici potenzialmente distorsivi, non appare esclusiva dei dirigenti di banche e degli intermediari finanziari, potendo ravvisarsi anche nei dirigenti di grandi gruppi industriali e delle holding industriali e finanziarie, che possono generare il medesimo pericolo attraverso l’acquisto e la vendita di partecipazioni, l’acquisto di prodotti finanziari di rischio elevato o il ricorso a strategie finalizzate a far salire o scendere il valore di un titolo.

Da qui l’enunciazione del seguente principio di diritto:

L’imposta addizionale prevista dall’art. 33 del d.l. n. 78 del 2010, conv. in I. n. 122 del 2010 – trattenuta dal sostituto di imposta al momento dell’erogazione degli emolumenti riconosciuti ai dirigenti sotto forma di “bonus” e “stock options” quando detti compensi eccedano la parte fissa della o retribuzione – si applica nei confronti dei dirigenti delle imprese operanti nel settore finanziario, con clausola generale riferita al settore finanziario inteso nella sua globalità e complessità, sì da ricomprendere anche soggetti non necessariamente sottoposti a vigilanza e/o che svolgano attività rivolta al pubblico, stante la ragione socio-economica di un intervento diretto a comprendere tutti quegli attori di compagini che, essendo attive sulla scena finanziaria, sono in grado, direttamente e/o indirettamente, di indurne torsioni pregiudizievoli per effetto di abnormi incentivi retributivi, laddove, riguardo alla disposizione di riferimento, eventuali riscontri extra-testuali – derivanti da fonti nazionali, europee e internazionali – possono rivestire solo il ruolo di indici rivelatori esemplificativi, ma non esaustivi della fattispecie, tributaria interna“.

Articoli simili